Il piatto che incorona la cucina uzbeka è il plov (o palow, oppure osh), riso speziato a base di carne di montone (fritta e bollita), cipolle, carote e riso, uva secca, ceci o frutta. Ogni regione presenta proprie particolarità nella sua preparazione e gli uomini sono fieri della loro abilità nel preparare il plov più unico e sontuoso dell’Asia Centrale. La tradizione vuole che il cuoco – oshpaz – sia un uomo. L’oshpaz lo cucina spesso su un fuoco aperto, servendo a 1.000 persone da una stessa pentola, durante le feste o le occasioni speciali.
Altri piatti della tradizione sono lo shashlyk , noto anche come kebab , ossia pezzi di carne di montone cucinati allo spiedo, sulla brace, e serviti con cipolla e nan , e il samsa, fagottini di pasta sfoglia ripieni di carne e verdura (cipolle o zucca, patate, cavolo, funghi o noci) e cotti nel tandyr (o tandoor), un forno tradizionale di argilla, a forma cilindrica, riscaldato con carbone. Oppure i manty, dei grandi ‘ravioli cinesi’ ripieni di carne finemente tritata, marinata con spezie e cipolla, quindi cotti a vapore in uno speciale recipiente (il kaaskan).
Il tè è onnipresente, ed esistono usanze e riti particolari per la sua preparazione. Se il tè verde è la bevanda dell’ospitalità in tutto il paese, il tè nero è una scelta obbligata nella capitale, dove viene servito con samsa, pane e fritti. La ‘Choyxona’ (la casa da tè) è un centro di incontro importantissimo per la società uzbeka. Posizionato sempre all’ombra, sotto gli alberi e preferibilmente vicino a un piccolo fiume, è un luogo dove si radunano uomini e donne per interagire e discutere. Nonostante la religione prevalente sia la musulmana, quasi tutti gli uzbeki bevono alcolici e, da buona tradizione russa, prediligono la vodka, che spesso si sostituisce alle bevande da pasto, specie se ci sono ospiti a tavola.
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Si ritiene che Gorla Minore debba il suo nome dal corso del fiume Olona:”Quando i soldati romani che si trasformano in coloni, si insediano nel nostro territorio, danno un nome al mucchietto di capanne che è sorto sulla riva sinistra del fiume, traducendo forse un vocabolo ligure-celtizzato di analogo significato. Il fiume, infatti, descrive tra Cairate ed Olgiate due anse, la più ampia a nord ”gurgula maior”, la più stretta, quasi in linea con il nostro paese ”gurgula minor”, per cui Gorla sarebbe una volgarizzazione ed una contrazione di “gurgula”, gorgo, seno, con l’aggettivo minore per il motivo suddetto. L’origine di Prospiano è più incerta: sotto la dominazione romana, probabilmente il “locus”era abitato da un autorevole signore detto Principius,da cui Principianus, il luogo o le terre di Principius. Da “principiano” a “precepiano”e quindi a Prospiano il passaggio fu questione di tempo e di modifiche del vecchio idioma romano. C’è chi considera “precepiano” come nome composto dal verbo latino “praecedo”nel senso di “stare prima”, precedere; la località è posta prima dell’inizio della pianura, sul limite estremo della Valle Olona e dei terrazzamenti del fiume”. ( GORLA MINORE-PROSPIANO, una storia nella Storia”di Peppo Ferri e Luigi Tovagliari – adattate da Nadia Belloni).
Avevamo visitato tanti luoghi tra cui il Collegio Rotondi , donato dal Conte Terzaghi e la chiesa parrocchiale di Prospiano, risalente al 1965, opera dell’architetto Enrico Castiglioni di Busto. “Tutta la chiesa è ricca di citazioni di diversi periodi storici dell’architettura, dal romanico al Rinascimento, al gotico”-aveva spiegato l’assessore alla cultura Daniele Mantegazza. Quest’anno il tour riparte alla ricerca di temi in chiave Expo Milano 2015 e passerà da qui il 23 maggio 2015.
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