Nel panorama delle attività economiche della Valcuvia, la produzione di grandi organi musicali della fabbrica della Famiglia Mascioni è davvero unica.Un’attività che si colloca tra industria e artigianato e che riassume in sé anche i caratteri delle arti.
L’avventura organaria dei Mascioni inizia nel 1829, quando il giovane Giacomo (1811-1896) apre un modesto laboratorio nel borgo di Comacchio, frazione di Cuvio, occupandosi di riparazioni e accordature. A convincere il nipote sono i due zii sacerdoti Giuseppe Antonio e Pasquale Antonio Mascioni, già frati del Convento di Azzio soppresso da Napoleone.
Giacomo si impegna duramente e si aprono nuove prospettive soprattutto quando iniziano a lavorare i tre figli Anacleto, Bernardo e Gaspare.Gli organi sono destinati anche a località lontane e persino in Svizzera, dove si instaureranno fecondi rapporti di lavoro che durano tuttora. Gli organi sono del tipo tradizionale, ma la qualità cresce e la produzione raggiunge una media di due organi all’anno.
A dodici anni entra in fabbrica Vincenzo (1871-1953), figlio di Bernardo, che assumerà la direzione della fabbrica, mentre il fratello Enrico (1869-1935) si occuperà dell’amministrazione e pubblicità a Milano. E il cugino Virgilio (1877-1946), uscito da Brera e che diverrà un noto pittore, sarà il disegnatore, contribuendo con l’intagliatore Quaranta ad accostare una notevole estetica all’ottima fonica degli strumenti.
Vincenzo intuisce che l’unica strada per restare sul mercato è quella dell’innovazione: le armonie degli organi italiani venivano considerate poco adatte al canto sacro, prestandosi meglio alle melodie leggere e profane, mentre dalla produzione estera arrivavano chiari segnali delle tendenze in atto. In tal modo, però, il nipote arriva allo scontro con il nonno Giacomo, che intende restare nella tradizione: Vincenzo decide di lasciare la fabbrica e di costruirne una nuova non lontano, ma in Comune di Azzio, posta sopra il torrente Bulgherone, dove si trova ancora oggi, per sfruttarne l’energia idraulica nell’azionamento delle macchine.
E con la volontà e le capacità di Vincenzo la produzione cresce e si affina, introducendo la trasmissione pneumatica. Il successo dell’installazione a Vevey in Svizzera dà lustro all’azienda anche all’estero.
Nel 1904 la Mascioni vince il concorso per il restauro degli organi del Duomo di Milano, imponendosi anche per l’alta qualità dei materiali sui concorrenti Bernasconi, Vegezzi-Bossi, Inzoli, Mentasti e Tamburini.
Al congresso di Torino dell’anno successivola Mascioni ottiene un riconoscimento nella consolle, che viene presa a modello dalla commissione.E già nel 1906 Vincenzo Mascioni riscuote un nuovo successo con l’organo di San Babila a Milano, con meccanismo nuovo, cui fa subito eco il Gran Premio conferitogli all’Expo internazionale di Milano.
Ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale blocca l’attività della fabbrica, quando i figli maggiori, Giacomo (1897-1975) ed Ernesto (1898-1980), che stanno muovendo i primi passi in azienda, vengono chiamati alle armi, mentre gli altri figli, Giovanni (1905-1979), Angelo (1907-1969), Vincenzino (1910-1975) e Tullio (1914-1999) sono ancora bambini. Lo stabilimento è requisito per la produzione bellica, molti sono gli operai in guerra e per quanto possibile si fa fronte alle manutenzioni degli organi esistenti.
Solo nel 1920 l’attività riprende a pieno ritmo, pur con i tempi difficili. Molti artigiani chiudono. Vincenzo invece produce in casa tutte le parti dell’organo e, grazie all’apporto determinante dei figli, miete successi al ritmo di un organo prodotto al mese, ancora con la tecnologia pneumatico-tubolare.
Ma ora soprattutto l’ambiente ecclesiastico fa pressioni affinché Vincenzo si cimenti con la trasmissione elettrica e le nuove tecnologie di origine americana. La riforma dell’organo di Santa Maria Maggiore a Trento è l’occasione. Non servono viaggi all’estero: con la buona volontà e le capacità della famiglia, l’opera viene compiuta nel 1930.
Con il grande organo del Pontificio Istituto di Musica Sacra in Roma del 1932 Vincenzo riceve addirittura da Papa Pio XI la commenda dell’Ordine di San Gregorio Magno. E soltanto a Roma vengono installati ben 75 strumenti.
Nel 1937 i Mascioni producono per la chiesa di Cuvio l’organo n. 500. Ma il capolavoro, sebbene dall’acustica non ottimale, è considerato il nuovo organo per il Duomo di Milano, tra i più grandi al mondo, costruito nel 1938 in collaborazione con il maggiore concorrente, Tamburini di Cremona.
Si arriva alla Seconda Guerra Mondiale: figli e dipendenti richiamati alle armi, le difficoltà enormi, ma l’attività non si interrompe mai completamente. Alla fine delle ostilità Vincenzo, sebbene malato, riprende la produzione arrivando a sfornare fino a 15 organi all’anno.
Ed è lui che dà l’allarme nella notte del 12 agosto 1950, quando si sviluppa un furioso incendio che distrugge molte parti della fabbrica. Il vecchio leone non demorde e lo stabilimento riapre già nell’ottobre dello stesso anno!Vincenzo si spegne nel 1953 proprio durante la ricostruzione postbellica del “suo” organo di Trento. Scompare così l’ultimo dei tre grandi organari italiani, dopo le morti di Vegezzi, Bossi e di Tamburini.
Ma i figli ne continuano l’attività, con la denominazione “Famiglia Artigiana Vincenzo Mascioni”. Angelo provvede con precisione al montaggio degli organi a destinazione. Ernesto si occupa della difficile intonazione, mentre Giacomo, Vincenzino e Tullio si dedicano ciascuno alla meccanica, alla falegnameria e al reparto elettrico. Giovanni è il direttore di fabbrica e più volte sarà anche sindaco di Azzio, mentre la sorella Mariuccia si occupa della parte archivistica.
A Roma nel 1969 il Pontificio Istituto di Musica Sacra festeggia i 140 anni della fabbrica, con un concerto eseguito sul grande organo. Nel frattempo si affaccia la generazione successiva, con i figli di Ernesto: Eugenio, Enrico e Mario e con Gianni, figlio di Tullio.
I maghi dell’intonazione sono dapprima Enrico e in seguito anche Gianni. Enrico porta in fabbrica il figlio Giorgio, mentre Gianni non trova un erede con la passione organaria. E lui stesso lascerà l’azienda nel 1997. Intanto ad Enrico nella difficile intonazione e accordatura si affianca il capace Franco Nicora.
Mario prosegue l’attività forse più ingrata del montaggio, sempre in giro per il mondo, rapido e preciso. Eugenio si dedica con passione al disegno di tutti i componenti interni ed esterni degli strumenti. E anch’egli fa entrare in azienda il figlio Andrea.
Ma intanto si sono affacciate nuove tendenze: viene rivalutato l’organo barocco e si affaccia l’idea del ritorno alla trasmissione meccanica, che conferisce le migliori qualità sonore, ma anche il restauro degli organi antichi.
La Famiglia Mascioni procede con i piedi di piombo nell’applicare la trasmissione meccanica, che presenta problemi non facili e suscita lo scetticismo della clientela e degli organisti, anche se non si abbandona la trasmissione elettrica per gli strumenti più grandi. Poi arriva anche l’elettronica.
Organi per tutto il mondo, persino in Islanda! Non molti anni fa un’impegnativa commessa per il Giappone ha richiesto addirittura l’innalzamento della parte centrale della fabbrica, a causa dell’altezza dello strumento da realizzare, che è stato come sempre premontato e provato per essere poi smontato e portato a destinazione.
Ed è recentissima la notizia che il Convento di Azzio sarà dotato di un organo. Ma a quale azienda poteva essere assegnato l’incarico, se non alla Famiglia Mascioni, che oltre tutto sappiamo avere un legame storico bicentenario con questa chiesa?