Alla “Funtana” arrivano le donne, portando in spalla il “bògiar” (bilanciere di legno) cui erano appesi (a bilancia) due “cavagn” (o due “sidell”) con la biancheria da lavare. Riparata da una tettoia, la vasca rettangolare dai bordi inclinati, è divisa in due da una paratia: la più grande usata per l’insaponatura e il lavaggio; l’altra, sul “resentign”, è usata per il risciacquo. Alla “Funtana”, il lunedì mattina, si avvicendavano donne e ragazze (da marito), che mentre “lavavano i panni sporchi”, chiacchieravano, spettegolavano e cantavano…
Diversamente, ogni corte aveva il suo pozzo, da cui l’acqua si doveva “cavare”, cioè estrarre con fatica, come da una miniera che non volesse cedere il suo tesoro.
Si appendeva il cerchio da gancio del “turnu” e lo si calava nel pozzo: la catena si srotolava sferragliando e…”sciàff”…l’impatto con l’acqua. Poi si “tirava su”: una “segia” da 10 litri, di lamiera zincata, pesava almeno 12 chili e ogni mucca ne beveva almeno due.
Tonino Vanoni